Pagina:Bertini - Guida della Val di Bisenzio, Prato, Salvi, 1892.djvu/192

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lano delle loro gesta, delle loro infamie, dei loro delitti. L’ultimo Conte di Cerbaia fu Niccolò d’Aghinolfo, infelice nipote di più infelice avo — il Conte Orso ucciso a tradimento dal proprio cugino. Nel 1361 la Repubblica fiorentina sborsò a quell’ultimo Conte seimiladuecento fiorini d’oro, s’impossessò di Cerbaia per poter tenere a freno la tracotanza dei figli di Messer Piero de’ Bardi, feudatari di Vernio. D’allora in poi Cerbaia, con Usella, Montaguto e Gricigliana, come rilevasi dagli Statuti di Firenze del 1415, formò una nuova comunità della Repubblica. A poco a poco Cerbaia andò decadendo, e il cattano della Repubblica abbandonò quel luogo inaccesso, consegnandolo alle intemperie del cielo.

«Ora l’edera, l’ortica e i dumi sono gli arazzi — degni arazzi — della terribile rôcca. Fra le macerie di quel vecchio castello può specchiarsi l’umana superbia. Lassù non mandano più suoni le ribeche ed i liuti dei menestrelli; più non entusiasma la sirventa e la cobbola dei trovieri; non s’odono più le ridevoli arguzie dei tollerati giullari. Oggi lassù sibila il vento e la serpe, che muove le sue spire tranquilla fra i ruderi abbandonati. Dove la graziosa figlia del feroce barone soleva guardare la sottoposta vallea per ammirare le bizzarie della natura, il verde ramarro placidamente riposa alla sferza del sole. Lassù tutto è mutato, e forse fra un secolo non rimarrà più nulla di tanta grandezza. Anche il cassero dovrà subire la sorte delle altre muraglie. Oh cadi pure, vecchia torre! il tuo destino non spremerà dall’occhio dell’uomo nemmeno una lacrima. Il rovinìo dei tuoi macigni farà soltanto paura ai sottoposti villani. Tu non sei monumento di gloria italiana; sei invece un