Pagina:Bertini - Guida della Val di Bisenzio, Prato, Salvi, 1892.djvu/83

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mato1; io invece dirò qualche parola sulle sue piantagioni di pini.

Oggi tutta la pendice del monte, che dalla vetta detta il Chiesino scende sino alle Prataccia da levante e fino alla Villa Geppi da ponente, è coperta di pini: quarant’anni fa tutto era deserto e nudo. Il primo a tentare d’imboschire il monte fu il benemerito e dotto agronomo Scarpettini, Pievano a Montemurlo, che seminò la pineta dalla parte occidentale e ne ebbe subito i frutti. Poi Gaetano Benini di Prato che dopo aver piantato olivi e gelsi, da oriente, ai piè del monte, ne volle seminar di pini domestici (pinus pinea) la pendice sin quasi alla cima. Fu gridato allora che erano spese inutili; oggi una bella foresta di conifere rallegra l’occhio e ravviva quelle rocce scabre, sulle quali solo il falco andava un tempo a posarsi per divorar la preda o a dar la caccia agli uccelli che vi traversavano di volo, perchè nessuna specie di volatili vi albergava tranne il gufo, il calcabotte e la nottola. Se gli altri proprietari di terreni sul Monteferrato seguissero l’esempio di coloro che fiduciosi gettarono la sementa su per i fianchi del poggio e ne videro spuntare il germe, crescere il fusto e farsi albero, a poco a poco si sarebbe vestito anche il rimanente di questo monte, che ha fin qui destato un senso di tristezza e di orrore a cagione della sua inospite apparenza.

Il botanico vi ha poca messe da raccogliere: pur nonostante la natura in mezzo a quelle rocce granitiche e serpentinose gettò il seme di poche pianticelle


  1. Sulle cave del marmo verde, vedi a pag. 69 e sulle cave del granitone, vedi a pag. 71.