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LETTERA VIII.


AGLI ARCADI.


D’un grave scandalo debbo scrivervi contro mia voglia, Arcadi saggi, per cui l’amabile poesia data dal cielo agli uomini, perchè fosse ministra di piacere, e di virtù, divenne tra noi cagione di sdegni, e d’infamie al parnaso non conosciute, e all’elisio. A voi che tra i versi, e tra i poeti vivete gioverà molto il conoscere sin dove giunga un furore poetico.

Non cessavano gl’italiani poeti dal fare mal viso a quanti incontravano degli antichi nel regno dell’ombre, e mai nascondevano i sentimenti di sdegno, e di vendetta contro di noi. Sapevamo per fama esser molto i poeti della gente vostra iracondi, e come aveane fatte battaglie atrocissime in poesia per ogni tempo, cosa ignota a’ dì nostri, e a tutta l’antichità. Eransi già veduti correr quaggiù talvolta cartelli di sfida, di duello con varj nomi de’ combattenti.