Pagina:Bettini - La stazione estiva di Montepiano, Firenze, Minorenni corrigendi, 1897.djvu/34

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casupole di contadini, o pastori i quali se la vivono alla buona, o diremo anzi alla patriarcale, lontani quasi affatto da ogni commercio co’ centri popolosi delle città e delle borgate e contenti come pasque della loro condizione.

Tenaci della fede dei padri, di mente sveglia, pronti all’apprendere, come quelli che, nati in luoghi alpestri e necessitati la maggior parte ad emigrare fin da giovinetti nelle maremme toscane e in Sardegna, son costretti ad aguzzare l’ingegno onde procurarsi da vivere.

A proposito dei Verniotti, dei quali moltissimi emigrano periodicamente, mi sembra si attagli a capello quel che dice il Giusti in una sua lettera sui montanini pistoiesi:

«Gli abitanti son vispi, sani, segaligni, astuti e serviziati; togline pochi che si guastano nell’anima e nel corpo giù nel buglione delle maremme toscane e romane. Vanno a svernare nel piano, emigrano a stormi coi bestiami, lasciando lassù solamente i vecchi, le donne e i bambini; e chi va al taglio delle legna e dei boschi per farne carbone e potassa; chi a tendere i lacci agli uccelli; e i grandi arrosti di beccaccie, di merli e di tordi che trangugiano i mangiapani a desinari illustrissimi, son frutto delle fatiche di quella povera gente che s’arrabatta per tre o quattro mesi nel cuor dell’inverno, per riportare a casa venti francesconi. Tornano a casa riunti di borsa, smunti di salute, e spesso intaccati da’ vizi, che lassù in quei luoghi lontani da serbatoi di corrutela ti dànno nell’occhio tanto più quanto meno te l’aspetti, come la virtù nelle città grandi.»1



  1. Giusti - Lettere a P. N.