Pagina:Bettini - La stazione estiva di Montepiano, Firenze, Minorenni corrigendi, 1897.djvu/48

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È un grande anfiteatro per la forma, una vasta terrazza per la posizione, onde lo sguardo riposa a ponente sulle aspre vette che lo dividono dalle valli della Limentra e della Limentrella, a levante sulle cime pianeggianti della Calvana; davanti poi si spinge al turchiniccio variato crine del Montalbano che da Serravalle pistoiese giunge sino alla Gonfolina e più in là, in remoto orizzonte, sino alle cime dei monti pisani.

Alla sua positura, alla sua altitudine deve il suo nome questo paese, uno dei più belli ed ameni che si possano vedere sugli Appennini. «Il villaggio è una tra le più importanti stazioni estive e diventerà fra le più frequentate dell’Appennino, per la sua postura a cavaliere di due valli quasi esattamente trasversali alla catena Appenninica, sullo stesso asse, per la facilità dell’accesso e la poca lontananza da Firenze (ore 4.30), per una fresca temperatura, per acque eccellenti, per il clima asciutto e l’emanazioni resinose delle vicine abetaie».1

La folta nebbia negli alti monti impedisce spessissimo di veder di qui a lì, il che ci fa suonar nella testa quei versi del nostro divino poeta:

«Ricordati, lettor, se mai nell’Alpe
     Ti colse nebbia per la qual vedessi
     Non altrimenti che per pelle talpe».2

Addio, allora, la speranza di veder nascere il sole, addio le belle vedute, le belle pianure lontane!

Di questa nebbia fatale, Montepiano e le prossime cime montane son quasi immuni per la ventilazione continua



  1. Emilio Bertini, Guida della Val di Bisenzio.
  2. Dante, Purg. XVII.