Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.1, Zurigo, 1846.djvu/100

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92 capo v.

gli abborrente, usò mai sempre, e dalla sua prima giovinezza, di denominarsi e sottoscriversi Fra Paolo veneto; nella guisa istessa che il buon papa Clemente XIV finchè fu frate non si chiamò nè si fece mai chiamare altrimenti che Frate Ganganelli. Nè è questo il solo punto di approssimazione fra que’ due grandi uomini, pari essendo stata in loro altresì la bontà dell’animo, la pietà spregiudicata e sincera, la schiettezza delle opinioni, l’odio alle divote puerilità, lo spirito di tolleranza, l’amore agli studi, il cuore vacuo da ambizioni, e il pensiero che si sublima al di là delle prevenzioni umane, e considera la religione non quale viene impicciolita da minute pratiche volgari, ma dalle grandi virtù che inspira e dagli innumerevoli effetti morali da lei prodotti nella società.

Frà Paolo non patì mai di essere ritratto, comunque grandi fossero le istanze fatte da principi e da eminenti personaggi e più specialmente dal suo amico Domenico Molino; quindi poca fede meritano le medaglie che si spacciano di lui, e sono menzogneri coloro che asserirono averne dal Sarpi medesimo ricevuto il ritratto. Nè l’avremmo senza lo zelo di Giorgio Contarini, patrizio veneto, che appena spirato il grand’uomo ne fece levare la maschera in gesso, poi la fece effigiare in tela, indi intagliare in rame, indi scolpire in madreperla; e o fosse gusto incontentabile del Contarini o difficoltà vera negli artisti ad esprimere i tratti caratteristici di quella maschia fisionomia, il generoso patrizio pensò anco a farlo scolpire in busto di marmo: ma ignoro se abbia dato esecuzione a quest’ultimo desiderio.