Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.1, Zurigo, 1846.djvu/103

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capo v. 95

subita e totale mutazione nel vivere e nelle azioni, e con tante purghe, non vale altro che a prolungare la convalescenza; e che, massime negli uomini di grave età, il tralasciare per molti giorni le azioni solite deteriorava di molto l’uso delle parti del corpo loro, e che il solo mettersi a letto mutando improvvisamente vitto ed occupazione era un volere ammalarsi. E perciò bisognava bene che il male fosse violentissimo perchè al letto potesse obbligarlo. Le sue medicine erano sostanze semplici, cassia, manna, polpa di tamarindo; o se composte, le preparava da sè. Del resto lo stesso genere di vita come in ogni altra occasione, e solo regolava la qualità degli alimenti dal più al meno; e se travagliato da febbre, solo nel forte degli accessi si sdraiava sopra la sua cassa. Con questo metodo severo seppe conservare ad un corpo gracile oltre a 70 anni di vita e resistere a lunghe vigilie e a studi faticosissimi. Quando infermo, anzichè avvilirsi o muover lamenti e querele, diventava più del solito ilare e giocoso, e le facezie gli abbondavano sì che moveva spesso i circostanti a riso.

Era dotato di una passibilità, o vogliam dire facoltà sensitiva, straordinaria: squisitissimi i suoi sensi; e specialmente il palato, non corrotto mai da cibi artificiali, sapeva distinguere tutti i sapori, di forma che era solito dire che di veleno non l’avrebbero ucciso. Infatti una volta gli fu recato nel refettorio del biscotto; il quale, assaggiato appena, rigettò, e le poche bricciole inghiottitegli cagionarono indisposizione per alcuni giorni.