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Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.1, Zurigo, 1846.djvu/102

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94 capo v.


Era magrissimo, comechè la mole della testa e la grossezza dei collo lo presentassero anzi muscoloso che no, e che l’abito fratesco nascondesse l’esilità del rimanente; ma sotto panni era sì stremo che pareva una testura di ossa. Gracile ancora la complessione: pativa spessi dolori di capo che degeneravano in febbri, talvolta anco lunghe; di ritenzione d’orina, infermità comune a’ letterati di troppo sedentaria vita; e di emorroidi che gli cagionarono una procidenza dell’intestino retto che qualche volta fu per troncargli la vita; ma si era fabbricato da sè uno strumento, col quale facilissimamente lo rimetteva a suo posto, dopo di che questa infermità molesta non gli recò più che un lieve disturbo. Prima del 1605 era così male andato di salute, che egli stesso contava ogni anno per l’ultimo, e tutti quelli che lo praticavano, non ne facevano giudizio diverso; ma succeduto l’affare dell’Interdetto, l’occupazione dello spirito congiunta a quella del corpo, il muoversi continuo, quell’andare ogni giorno o più volte al giorno dal convento al palazzo, una vita meno uniforme, un conversare più svariato, il trovarsi, benchè solitario, in un mondo di viventi e in mezzo ai grandi affari, e il carteggiare assiduo ora col governo, ora coi più grandi letterati d’Europa, gli restituirono talmente la buona salute che non patì più se non se pochi incomodi, ed una sol volta per innormale natura fu obbligato a letto.

Nelle malattie, come ancora negli abituali suoi acciacchi, era solito medicarsi da sè. Portava opinione che il consueto metodo di medicare con una