Vai al contenuto

Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.1, Zurigo, 1846.djvu/106

Da Wikisource.
98 capo v.

adesso, fanne ancora il piacer tuo. Non chiedeva restituzione, non verificava il restituito; i ringraziamenti sdegnava, i regali abborriva, solo a lui grato dono un libro fattogli dall’autore o da mano amica, o memoria di amico defunto. E a chi rimproveravagli tanta generosità, rispondeva: Imitiamo Dio e la natura che danno e non prestano. Per converso poco esigeva da altri e non chiedeva servizio senza, in quel miglior modo che potesse, rimunerarlo. Colla quale magnanimità si rese la delizia del suo convento, e l’amore di tutti che lo avvicinavano, ed era impossibile di trattare una volta con lui e non affezionarsi ad uomo che possiedeva sì alte virtù di mente e di cuore e faceva ogni sforzo per occultarle.

Austero per sè, sopportatore benigno degli altri, amava di sentirsi rimproverare i propri difetti e tosto dava opera ad emendarli. Con ciò giunse a cattivarsi una illimitata benevolenza de’ suoi confratelli che le sue parole tenevano in conto di oracoli, la sua presenza rispettavano come un santuario: amore tramandato da loro ai succedenti, e il nome di Frà Paolo divenne il più nobile orgoglio dei Serviti veneziani, e ancora ne serbavano pia rimembranza quando quel convento fu da Napoleone soppresso nel 1810.

Non fu mai veduto andare in collera, la calma del suo spirito non lo abbandonò mai neppure nelle più ardue circostanze. E benchè gaio e frizzante, era così ritenuto e grave che non che gli sfuggisse mai parola indecente, si astenne persino da quelle interiezioni famigliarissime al dialetto veneziano,