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160 capo ix.

tiniano III concessero il giudizio de’ cherici a’ vescovi, quando le parti ambedue si fossero contentate; rimettendo ai magistrati secolari, quando una non volesse accettare il vescovo; la quale cosa fa anco confermata da Marziano circa il 460 e da Leone suo successore. Finalmente da Giustiniano circa il 560 fu fermata e stabilita ogni varietà con la legge che gli ecclesiastici nelle cause civili fossero soggetti al vescovo, nelle criminali al giudice secolare; il che durò fino al 630 quando Eraclio gli esentò dai magistrati secolari così in civile come in criminale, salva però sempre l’autorità de’ delegati dal principe; e fino alla divisione dell’imperio così sempre fu osservato; e dopo quella, tale è stato sempre l’uso e lo stile della Chiesa greca infino a tanto che è durato quell’imperio».

Ma sotto le ruine dell’impero d’Occidente perì anco la legislazione. I re barbari non sapendo leggere e nulla intendendo delle dispute de’ preti lasciarono ch’e’ facessero, e poco poco il clero costituì uno Stato suo indipendente dallo Stato politico; e si governò con leggi e tribunali propri, a’ quali tirò anco i laici. Se un laico aveva causa contro un prete, doveva farla giudicare dai preti; e se un prete ne aveva contro un laico, lo tirava al fôro ecclesiastico: dove i giudicii erano sempre lunghi, parziali, o corrotti dall’avarizia. Quindi i preti arrogandosi la facoltà di sentenziare su tutto ciò che appartenesse a religione e non vi essendo cosa in cui la religione bene o male non ci entri, diventarono con questo pretesto i despoti di tutte le relazioni e transazioni sociali; e per circuirsi di nu-