Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.1, Zurigo, 1846.djvu/226

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218 capo xi.

di fatto col vietare la pubblicazione delle censure e impedirne l’esecuzione, resistendo alla forza violata colla forza legittima purchè non passi i termini di naturale difesa; l’altro di diritto, che è l’appellazione al futuro concilio. Il primo essere da preferirsi, ma potersi anco usare l’altro ove fosse bisogno, perchè usato da altri principi cattolici e perchè ancora la Francia e la Germania argomentavano in favore della superiorità del concilio; di che, quantunque in Italia si sostenesse il contrario, i canonisti lasciavano la difficoltà per non decisa. Pure, se si poteva, esser meglio cansarla per non irritare maggiormente il pontefice e suscitare due questioni invece di una; oltredichè chi appella suppone dubbia la giustizia della sua causa, laddove quella della repubblica era evidente.

Letta quella scrittura in Senato a’ 28 gennaio, tanto piacque per la chiarezza, l’ordine, la brevità, la sodezza delle ragioni e la prudenza de’ consigli che ad unanimità di voti il Sarpi fu nominato teologo e canonista della Repubblica con 200 ducati annui di stipendio (il ducato di quei tempi valeva 5 franchi di Francia, ma ragguagliato col valore delle derrate circa il doppio); il quale incarico prima di accettare, volle il consenso del generale dell’Ordine Frà Filippo Ferrari Alessandrino che allora si trovava in Venezia, e ne ricevette la benedizione in ginocchio.

Credo bene che sincera fosse l’obbedienza di Frà Paolo agli statuti monastici; ma fosse stata anco una formalità, il generale si sarebbe guardato dall’opporsegli, chè il Consiglio dei Dieci faceva trop-