Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.1, Zurigo, 1846.djvu/228

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220 capo xi.

ecclesiastici aderenti di questo, che con perverse calunnie procuravano di metterlo in concetto appresso il mondo, non di eretico, ma di demonio; contuttociò moderata la sua penna dalla sua gran prudenza, osservò con squisitezza piuttosto la regola di difendere la causa comune che stimava giusta, che non già la massima ordinaria de’ vendicativi, di rispondere alle detrazioni».

Nel nuovo incarico aveva bisogno di persone a sussidio, quali a copiare, quali a estrarre dai libri o verificare in essi le sentenze degli autori. Pel primo, prese a suo scrittore, che poi lo servì di continuo, il Padre Marco Franzano, servita; e per l’altro chiamò a sè il suo allievo ed amico Padre Maestro Fulgenzio Micanzio, da Brescia, servita anch’esso, allora a Bologna lettore di teologia scolastica. Si strinse ancora in più aderente amicizia col senatore Domenico Molino, uomo di Stato in molta stima per integrità, senno, pratica di negozi, e svariate cognizioni, e con altri fra i primi senatori: da’ quali si faceva informare de’ modi del governo, della natura ed opinioni de’ magistrati, sì che potesse ne’ pareri conciliare il ben pubblico senza offendere i pregiudizi de’ privati.

Intanto il Senato, confermato ne’ suoi giudizi dal suo teologo, riscrisse in quel medesimo giorno 28 gennaio al pontefice una lettera, di cui lo stesso Frà Paolo dettò il tenore, rispettosa ma piena di sode ragioni, sostenendo il suo punto e giustificando le sue leggi intorno al divieto di nuove fondazioni pie e di nuovi acquisti al clero.