Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.1, Zurigo, 1846.djvu/244

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236 capo xii.

li signori Veneziani e sopra la nullità di dette censure, cavata dalla Sacra Scrittura, dalli Santi Padri e da altri cattolici dottori. Contiene otto proposizioni che si succedono naturalmente, e discussate con molta dottrina e bell’ordine d’idee, benchè non al tutto sciolte dagli impacci delle mal fondate teorie de’ canonisti di quel tempo: dice in sostanza, che i principi secolari, e così anco il papa come principe temporale, hanno la loro autorità da Dio; che Gesù Cristo in terra non ha mai esercitato alcuna potestà temporale; che per conseguenza non potè averla trasmessa a San Pietro e a’ suoi successori; che l’autorità delle metaforiche chiavi è meramente spirituale; che le esenzioni de’ cherici benchè da alcuni siano credute di jure divino, tuttavia l’opinione che sono di jure umano è la migliore e la più conforme alla storia, alla Scrittura e alla dottrina dei Padri della Chiesa; che dunque non pecca la Repubblica se fa leggi sopra i beni ecclesiastici e punisce le loro persone colte in delitto; che se il papa a ciò si oppone e fulmina scomuniche ed interdetti, quella sentenza è nulla e da non osservarsi; e in ultimo spiega le parole di S. Gregorio papa, doversi temere la sentenza del pastore giusta o ingiusta che sia, e mostra che non fanno al caso presente. Autore di questa lettera era Giovanni Marsilio prete e teologo napolitano, nemico a’ gesuiti, all’ordine de’ quali appartenne ne’ suoi primi anni. Ebbe molta voga, e appunto per questo, come anco per l’intrinseco suo merito, trovò numerosi impugnatori. Ma la confutazione più decisiva fu un decreto del Sant’Officio di Roma, del 25 giugno che