Vai al contenuto

Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.1, Zurigo, 1846.djvu/247

Da Wikisource.

capo xii. 239

rosi, di cui dirò a suo luogo. O non lo conosceva, e non era decenza lo svillaneggiare un ignoto che poteva essere o spregevole o rispettabile; molto più che la carità cristiana vuole che anco gli errori del nostro prossimo siano presi in buona parte, e si creda, fino a migliori prove, che egli parli per convincimento e non per malignità.

Era poi anco male scelto quel proverbio dell’Evangelio con cui incomincia la sua risposta: Qui male agit, odit lucem, essendo poi obbligato a ritorcerlo contro sè stesso quando pubblicò varie altre operette o con nome finto o senza nome, e per meglio nascondersi anco con falsa data di luogo; aggiungendo per giustificarsi che i canoni della Chiesa (non so poi quali) proibivano a personaggio del suo grado di mettere il proprio nome in fronte ad un libro. Offendeva parimente la propria causa, stantechè più altri o anonimi o pseudonimi erano già usciti in campo e tuttodì uscivano a scrivere dell’interdetto. Quelli della sua compagnia, voglio dire i gesuiti, diedero tutti un nome falso.

(1606 sett.) Frà Paolo, offeso in parte così delicata, si vide, suo malgrado, costretto a mettere da parte tutti i riguardi, a levare la celata e gettarsi nella lite colle mani e coi piedi; e a difendere le dottrine di Gerson e i suoi propri principii pubblicò nel mese di settembre l’Apologia per le opposizioni fatte dall’illustrissimo e reverendissimo cardinale Bellarmino a’ trattati e alle risoluzioni di Giovanni Gerson sopra la validità delle scomuniche. Per la quale senza che vi fossero ingiurie, il Bellarmino non ne restò in capitale. Pure volle far replica.