Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.1, Zurigo, 1846.djvu/248

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240 capo xii.


Intanto un esercito di scrittori dall’una e dall’altra parte diluviava libri grossi e piccioli, buoni e cattivi, sotto tutte le forme, epistolare, in dialogo, in prosa, in verso, serii, burleschi, in italiano, in latino, in francese, in spagnuolo e in tedesco; si traducevano, si facevano correre di mano in mano, si leggevano, si dimenticavano. Dalla parte di Venezia oltre una turba di scrittori mediocri, stavano i più dotti giureconsulti d’Europa, fra i quali nominerò il celebre Menocchio presidente del senato di Milano, Cesare Brancadori torinese, tutti i dottori in legge della università di Padova, Leschassier e Servin avvocati del parlamento a Parigi, Pithou altro giureconsulto francese, Edmondo Richer dottore della Sorbona, il dotto Casaubono, Eningo Harnisch giureconsulto di Alberstadt, Nicolò Vignier, l’opera del quale smodata e non consenziente ai principii ortodossi da cui la Repubblica non voleva uscire, fu proscritta dal Senato. E veramente per quanta cautela prendesse, non fu sempre possibile d’impedire la foga de’ scrittori acciocchè non prorompesse oltre i debiti confini, e in Vicenza fu persino affisso un invito a’ popoli di staccarsi dalla comunione cattolica. Cercato l’autore di quella e di altre simili scritture, mai se ne ebbe indizio: Frà Paolo lo crede un artifizio de’ Curiali medesimi onde timorare le coscienze, o impaurire il governo d’una rivoluzione religiosa.

Fra gli scritti veneziani che ebbero maggior voga, fu quello del senatore Antonio Quirini intitolato Avviso delle ragioni della Repubblica di Venezia intorno alle difficoltà che le sono promosse da papa