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Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.1, Zurigo, 1846.djvu/254

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246 capo xii.

ordine d’impugnarlo, altri assai fecero lo stesso, e dalla importanza che vi attaccarono i Romani può arguirsi la sensazione che fece su loro. Ma le confutazioni furono così povere di raziocini e così infelici, che i Veneziani le stimarono neppur degne di una risposta. Ed essendo i governi naturalmente inclinati a favorire la causa veneziana che era causa propria di ciascuno, e ad assai teologi spiacendo la soverchia distesa che i Romanisti davano alla autorità del papa, la circolazione dei libri romani trovava ostacoli in più luoghi, mentre libera e piena, e accolti a festa erano quasi ovunque quelli dei Veneti. In Spagna un Discorso contro due trattati intorno alle censure fulminate da Paolo V contro Venezia, del P. Soza francescano, fu dalla Inquisizione proibito, e obbligato l’autore a ritirarne gli esemplari. A Milano il residente veneto citato al Sant’Offizio e pregato dall’inquisitore il conte de Fuentes a dargli mano forte, nè questi si curò di servirlo, nè quello di obbedire, e la spregiata prepotenza inquisitoriale era un documento dei pensieri de’ popoli.

Bene se ne accorsero a Roma, dove il Sant’Offizio, veduta l’impotenza delle ragioni opposte a’ Veneziani, pensò di poter frenare il pericolo proibendo, con decreto del 30 settembre, il Trattato dell’Interdetto, le Considerazioni, l’Avviso e tutte le altre scritture stampate e da stamparsi, pena le più terribili scomuniche e la vendetta del Sant’Offizio, il che fece ridere il pubblico, e conchiudere che la Curia aveva torto.