Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.1, Zurigo, 1846.djvu/276

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268 capo xiii.

sommamente da Paolo V; e vi era anco la certezza che le altre potenze si sarebbono chiarite a favore della Repubblica, e la guerra sarebbe diventata generale e pericolosa, e a vece di sottomettere colle armi Venezia, una allagazione di eretici avrebbe potuto far perdere alla Santa Sede tutta l’Italia, e precipitarla. Stantechè, oltre che gli Italiani erano stanchi del giogo degli Spagnuoli, lo spirito di rivolta cominciava a introdursi clandestinamente anco nello Stato Pontificio ed in Roma. I Curiali a forza di gridare che Venezia voleva diventare una Ginevra, e che Frà Paolo meditava farsi capo a nuova sêtta e accreditarsi come Lutero in Germania e Calvino in Francia, erano riusciti a persuaderlo; e fra i molti buoni che lo desideravano in secreto come un avviamento a libertà politica e religiosa, lo desideravano apertamente, per motivi men nobili, e preti e frati in buon numero o ambiziosi, o ribaldi, di deluse speranze, o noiati del chiostro; e se non fosse stata la paura del Sant’Offizio, lo spionaggio dei gesuiti, e la incertezza dei casi, molti, nutrendone già ferma fiducia, avrebbono disertate le insegne.

Fomentava questi umori la scontentezza generata nei frati mendicanti, de’ quali essendone partiti alcune migliaia dallo Stato Veneto dove grassamente vivevano, tornavano a discomodo de’ conventi di Milano, Mantova, Ferrara e Bologna dove ricoverati si erano, sì che non bastando le limosine a sostentare tanta nuova gente, molti, massime tra i cappuccini, perirono d’inedia; altri stentavano i giorni; e tutti insieme si querelavano che il papa a farli