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306 | capo xv. |
con entusiasmo e considerati come infallibili segni di cadente cattolicismo. Il celebre Giovanni Diodati ministro di Ginevra n’era così persuaso, che in quell’anno 1607 pubblicò a bella posta una nuova edizione della sua Bibbia elegantemente tradotta in lingua italiana, sperando d’introdurla in Venezia a profitto della sua comunione.
Queste cose si sapevano a Roma e tenevano molto agitata la Corte. Le lodi de’ protestanti a Frà Paolo erano pei Curiali altrettante prove che egli inclinava all’eresia, e che intendeva seriamente a introdurla in Venezia. Ad impedire il qual danno ricorsero ai consueti artifizi. Pensavano che uscito vincitore di lotta cotanto difficile, il suo amor proprio da quel lato potesse essere pago; e che continuando essi nel loro sistema di seduzione, sarebbono riusciti a carrucolarlo a Roma, dove o il Sarpi si ritrattava, e la Corte otteneva un pieno trionfo; o persisteva, ed ella ne traeva una luminosa vendetta. Speravano eziandio che a forza di avvilupparlo in pratiche secrete, avrebbono raggiunti i mezzi di renderlo sospetto al governo, e di difficoltare la sua posizione in modo che da qualunque lato si volgesse, fosse egualmente perduto.
Le qualità personali e la parte onorevole che aveva rappresentato il cardinale di Gioiosa ci lasciano credere ch’e’ fosse ignaro di codesti tortuosi intrighi, ed operasse di piena buona fede e per amore della concordia quando prima di abbandonar Venezia fece intendere al Sarpi, per mezzo dell’ambasciatore Dufresne, che nutriva desiderio di parlargli avendo