Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.1, Zurigo, 1846.djvu/315

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capo xv. 307

alcune cose a dirgli in particolare; ma il frate che era penetrativo e indovinava presso a poco intorno a che si aggirerebbe il colloquio e le conseguenze che poteva produrre, ne informò subito il Collegio, il quale rimise alla sua prudenza il risolvere. Ed e’ fece considerare che essendo egli un semplice frate e trovandosi a fronte un cardinale di così gran nome, ad un abboccamento in quattr’occhi, qualunque fossero i ragionamenti, non essendovi testimoni, era in arbitrio altrui di ampliarli o ristringerli o commentarli a talento; per esempio si sarebbe potuto spacciare ch’e’ si fosse scusato dicendo di avere scritto per forza e contro il suo parere, che avesse biasimata la durezza del Senato, o che si fosse ritrattato, od altro poco conveniente al suo ed al decoro pubblico. Il Collegio decise, non vi andasse.

E i Curiali facendo sparger voce che a Roma volevano scomunicarlo, se non andava a giustificarsi, Frà Paolo fece una scrittura in cui raccolse gran numero di eresie formali e dottrine perniciose insegnate nei loro libri dagli scrittori pontificii, vi appose a riscontro le sentenze della Scrittura, dei concilii, dei Padri della Chiesa e degli stessi pontefici: aggiungendo che quanto a lui non era alieno dal comparire, a condizione che, lasciate a parte le espressioni vaghe di proposizioni eretiche, erronee, scandalose, offensive delle orecchie pie, le quali buttate così in globo significano niente; nella citatoria dichiarassero le proposizioni dannevoli estraendole singolarmente da’ suoi libri al modo ch’egli