Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.1, Zurigo, 1846.djvu/324

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316 capo xvi.

veva essere un ammazzamento, o, come appare dal suo racconto, il ratto di una persona: e aggiunse ancora, essere a Venezia più altri emissari spediti da Roma che sollecitati da larghe promesse intendevano a simili imprese. Fatto è che anco gli Inquisitori di Stato ebbero avvisi diversi e non mancarono di ammonire Frà Paolo; ma l’imperturbabile Servita si ostinò sempre a crederle voci popolari e da non farne conto, parendogli impossibile che la corte di Roma volesse macchiarsi di un delitto omai inutile. Lo confermava in questa incuria la sua tendenza al fatalismo, essendo solito dire che nulla possono gli uomini contro quello che è destinato da Dio: quindi le precauzioni che prendeva erano piuttosto per compiacere altrui che sè. Vittorio Siri afferma di aver udito da Frà Fulgenzio che il Consultore si faceva accompagnare da un frate armato di moschettone scavezzo, e che si era provato a vestire una cotta di maglia sotto gli abiti, cui poscia dismise, non ne potendo sopportare lo incomodo peso. Il fatto non è inverosimile; ma è poco credibile in bocca del Siri, scrittore più abbondante che giudizioso e troppo facile ad ammettere i racconti del vulgo. E n’è forse uno questo, nato da poi che fu visto come di tante pugnalate tirate al Sarpi, tre sole nel capo ferirono. Frà Fulgenzio, cui il Siri cita a testimonio, non ne fa alcun cenno; e dice solamente che Frà Paolo si faceva di solito accompagnare da lui, da Marino frate laico suo servitore e da un altro compagno animoso e di spirito. E già da più giorni nell’andare al convento si erano incontrati con certe fisionomie sini-