Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.1, Zurigo, 1846.djvu/33

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capo ii. 25

mai spenta, era un verme che lo rodeva in secreto e ne preparava la decadenza. E benchè si dilatasse alquanto in Germania e Spagna, erano getti della radice che non davano forza al tronco. A ciò si aggiungeva l’incertezza de’ statuti, mutati quasi ogni triennio, non per una vista profonda come nei gesuiti, ma per bizzaria e smania di novità; sì che ogni Capitolo generale partoriva nuove leggi che contradicevano le antiche, rompevano l’uniformità, e rendevano disuguale e vacillante il governo della famiglia. Accresceva il disordine l’arbitrio de’ papi i quali pure violavano le leggi a pro’ di loro favoriti, convocavano Capitoli e sceglievano irregolarmente i generali; e la parzialità de’ gran duchi di Toscana pei loro Fiorentini e Bolognesi, due provincie strettamente unite come in lega, il che metteva invidia nelle altre dell’alta Italia. E quasi non bastassero alimenti alla discordia, gli accrebbe a cento doppi il dispotismo del cardinale Santorio che, per 22 anni protettore dell’Ordine, disponeva imperiosamente delle cariche, massime del generalato, usando violenza ed atti arbitrari contro chiunque non piegava al suo volere.

Come la Chiesa, così gli Ordini monastici usarono di prendere in prestito le forme del governo civile. Quando incominciarono, essendo l’impero romano un governo militare con capo dispotico e soldatesca indisciplinata, norme consimili s’introdussero tra i monaci. Ma poichè il dispotismo imperiale sotto i Costantini si avviò alle forme civili, e la milizia fu depressa, così anco il monachismo ebbe regole più concrete: i monaci dapprima laici, comincia-