Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.1, Zurigo, 1846.djvu/34

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26 capo ii.

rono ad essere ammessi al sacerdozio, e alle speciali discipline loro furono aggiunte le comuni al corpo ecclesiastico.

A’ tempi di San Benedetto l’imperio occidentale era a terra: regnavano i Goti in Italia, altri Goti e Svevi in Spagna, Vandali in Africa, Franchi e Borgognoni nelle Gallie, Avari e Langobardi nella Pannonia e nella Dacia. Le città di conquista avevano propie leggi, ma sotto il beneplacito del conquistatore. Le nuove monarchie avevano faccia di aristocrazia militare, e i sudditi essendo Romani e Barbari, il re era dispotico sui primi, frenato da leggi e consuetudini verso i secondi. Questa mistura si sente appunto nella regola benedettina. L’abate elettivo, ma a vita; eletto nelle assemblee dei monaci, come i re barbari, ma confermato dal principe, come i re dal tacito consenso degli imperatori, o i magistrati delle città da quello del re; l’autorità limitata da un consiglio di monaci, gli affari trattati in comune, il comandare assoluto, l’obbedire pronto; ma l’uno e l’altro ammisurati dal sentimento dell’eguaglianza. Un’abazìa presentava in piccolo ciò che era un regno barbaro in grande.

I monaci si distinsero in due ordini: professi e conversi, o meglio sacerdoti e laici: solo i primi avevano voto nelle assemblee, e rappresentavano i conquistatori; i conversi potevano intervenirvi, ma senza suffragio, ed erano come i Romani a petto ai Barbari. Per ciò che i monaci ricevevano i loro allievi quasi sempre in tenera età, chiamavano conversi gli uomini di età matura che lasciando il mondo si convertivano a quel nuovo genere di vita; ma poi significò i laici solamente.