Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.1, Zurigo, 1846.djvu/352

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344 capo xvii.

Sarpi e salutatolo, cominciarono a ragionare tra sè del modo di ammazzarlo, e che era facile. Convenuti tra loro, Tonino andò a Roma, s’incontrò col prete Franceschi, gli parlò del suo disegno, e prometteva di avvelenare il Servita col mezzo di sua madre che serviva in casa di una vedova parente del Sarpi, cui egli andava spesso a visitare; ovvero di pugnalarlo di sua mano appostandolo sotto la scala. Era così sicuro del proposito, che correndo allora il mese di maggio, dava parola di eseguirlo per agosto; eppure diceva che per non insospettire sarebbe tornato a piedi e mendicando. Intanto domandava 60 scudi, non pel viaggio, ma per apparecchiarsi, dopo il fatto, i mezzi più spediti alla fuga.

Da alcune lettere intraprese dal Consiglio dei Dieci, da alcune informazioni da lui chieste a Roma, e da rivelazioni di un Alessandro de Magistrati suo emissario, pare che altra congiura di veneficio contro il Sarpi trattasse il cardinal Gaetano con un Croce, Genovese, medico del nunzio a Venezia. Era in Roma un dimenare continuo tra i preti, un continuo macchinar congiure, udire o proporre progetti, tentar uomini malvagi, prometter denari; i confessionari, la corte, le anticamere, le taverne, i conventi, erano diventate altrettante conventicole dove i ministri dell’altare trattavano colla più vile ribaldaglia al fine di riuscire una volta a far ammazzare Frà Paolo. Forse non esiste esempio di altro uomo che abbia accumulato sul suo capo tanti odii, e infuso a’ suoi nemici un così violento desiderio di vendetta. È certo almeno che la corte di Roma, gli odii