Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.2, Zurigo, 1847.djvu/13

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capo xviii. 5

tico». Finisce con dire che la domanda potrebbe essere giusta, se i ponteficii proibissero anch’essi i libri scritti da loro, ma sostenendoli per ortodossi, e quegli degli altri per eretici non possono essere giudici in causa propria: è piuttosto materia da rimettersi ad una conferenza di persone dotte e pie, a scelta reciproca; il qual partito, ove piaccia ai contrari, si può accettare.

Questo partito fu dalla Corte ricevuto come un nuovo affronto, il papa ne fu irritatissimo, e i cortegiani non sapevano più contenersi. Il nunzio Gessi nel settembre si presentò al Collegio, parlò risentitamente contro i libri in causa e contro Frà Paolo, e che quei libri erano eretici e che bisognava risolversi a non più tenerli; e infine mostrò una lettera, non so di chi, per la quale pretendeva che così era stato raffermo per lo passato. Il Collegio rispose con una solenne negativa. E il diverbio andò tant’oltre che il nunzio sdegnato nel partire disse: Se pensate volerla così, potete richiamare il vostro ambasciatore. Già le cose inclinavano a manifesta rottura: Frà Paolo forbiva le armi, e non era scontento di vendicare colla penna il sanguinoso affronto ricevuto l’anno innanzi.

Così continuando i rancori, Roma e Venezia si querelavano a vicenda: quella di continue immunità violate, questa di sempre rinascenti ingiuste pretese. I preti e i frati che avevano parteggiato per la Repubblica, alcuni dotti, altri licenziosi, timenti tutti i rigori del Sant’Uffizio, altronde esacerbati da incessanti persecuzioni continuavano le ardite loro prediche; e benchè il Senato non se ne acconten-