Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.2, Zurigo, 1847.djvu/16

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8 capo xviii.

altre larghezze: tutte arti usate al fine di adescare Frà Paolo. Al qual uopo i Curiali sparsero per Venezia che quelle fughe gradivano alla Repubblica, contenta di sgravarsi degli stipendi e degli incomodi del patrocinio; onde a smentirli il Senato aggiunse altri 200 ducati di più alle pensioni di cui godevano già i restati. Frà Paolo ricusò di accettarli.

Tal cosa saputa a Roma, fece scorti i Curiali che dal lato dell’interesse non avrebbono mai potuto prenderlo. Tornarono a quello dell’amor proprio. Intanto che a Parigi il cardinale Barberini, poi papa Urbano VIII, diceva che acquistava l’indulgenza chi ammazzava Frà Paolo, e che a Roma si cospirava per acquistare una tal indulgenza, altri astuti fingendo la sua difesa facevano suonar alto l’ingiustizia di Clemente VIII di non averlo fatto vescovo o cardinale, e che fu gran male l’avere trascurato uomo di tanto merito. Le quali cose ripetevano in Venezia i secreti agenti del nunzio, e parlavano della stima per lui del cardinal nipote (ne portava sulla faccia le prove), ed anco del pontefice, di cui lodavano la bontà e la giustizia; biasimavano il tentato assassinio; dicevano, la Corte non averci avuto parte, ma pure che il Sarpi doveva sempre temere di qualche fanatico. Vantavano la cortesia con cui erano accolti Frà Fulgenzio e l’arcidiacono, gli onori ricevuti, la clemenza con loro usata, e se Frà Paolo voleva imitarli, molto più poteva aspettarsi, e lui solo con quella andata poteva stabilire una piena concordia tra la Repubblica e la Corte. Ma il frate che era stato a Roma, e non era meno scaltro di loro, conosceva il senso delle parole.