Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.2, Zurigo, 1847.djvu/183

Da Wikisource.

capo xxii. 175


Il concilio di Trento permise a’ frati mendicanti di possiedere beni stabili; i cappuccini ricusarono quella concessione dichiarando che volevano perseverare nella primitiva loro povertà. Giacomo Lainez generale de’ gesuiti fece la stessa dichiarazione rispetto al suo Ordine, ma la ritirò il giorno dopo, e fece una distinzione tanto sottile che poco le manca ad essere ridicola: dicendo che le case professe viverebbono in una volontaria povertà, ma che i collegi continuerebbono a possieder beni per usarli al profitto della educazione de’ giovani. Poco importa che le ricchezze siano attaccate ai collegi o alle case professe, il vero è che i gesuiti erano ricchissimi e fecero immensi acquisti, e quella arguzia del Lainez non era che un ripiego per ingannare i semplici e meritare al suo Ordine tutti i privilegi concessi dai pontefici ai Mendicanti.

I gesuiti distinguevano i voti semplici dai voti perpetui: i primi, ignoti alle altre fratrìe, consistevano nella obbligazione di osservare la povertà, castità ed obbedienza secondo le leggi della Compagnia (cui per altro non era dato di conoscere); ma l’obbligazione era ristretta al solo tempo che l’individuo restava nella Società, e si risolvevano nel caso che fosse licenziato. A questi voti, che dovevano essere rinovati ogni anno, andava congiunta la formale promessa, giurata e scritta, di non abbandonare giammai la Società, e di farsi inscrivere nella medesima in qualità di professo tosto che piacesse al generale. Oltre a questi tre voti semplici vi era un’altra formola, chiamata con egual nome, varia per più o meno clausole secondo il grado del-