Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.2, Zurigo, 1847.djvu/184

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176 capo xxii.

l’adepto, che sommariamente consisteva nel giurare cieca obbedienza al generale o suoi delegati, e a non aspirare al di là del grado che occupava o che gli sarebbe stato assegnato.

I voti solenni erano i tre anzidetti di povertà, castità ed obbedienza, trasmutati in obbligazione perpetua e indissolubile, il che dicevano fare la professione. Oltre i quali i gesuiti ne avevano un quarto tutto loro peculiare, ed era «di partire immediatamente e senza compenso per qualunque paese comandi Sua Santità, tra fedeli od infedeli, ed operare quelle cose che riguardano il culto divino e il bene della religione cristiana». Intorno a tale quarto voto erra chi crede che i gesuiti giurassero una passiva sommessione ad ogni e qualsiasi volontà del papa, mentre e’ si ristringe alle sole missioni. Infatti e’ furono veduti assai volte, e più frequentemente degli altri Ordini, resistere alle bolle ponteficie, deridere le decisioni della Santa Sede, impugnarle, confutarle, e minacciare persino i pontefici se non le ritrattavano. Pure quella prontezza per le missioni, e quella obbedienza così sconfinata sopra oggetti tanto vaghi e di una indefinita significazione, tornò immensamente utile a’ papi. La posizione poi in cui si trovò la Compagnia fin dal suo nascere, in conflitto continuo colle autorità civili ed ecclesiastiche, colle università degli studi e cogli altri frati, e il fine istesso propostosi dai fondatori di sostenere il vacillante imperio ponteficale sbattuto dai novatori oltremontani, obbligò i gesuiti a gettarsi a corpo perduto nel più esagerato curialismo, e quanto i protestanti o i parlamenti e le