Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.2, Zurigo, 1847.djvu/20

Da Wikisource.
12 capo xviii.

dere a sommessione alcuna, intendendo di non avere fallato, e che nissuna assoluzione fu chiesta o data. Il Senato non credette opportuno per allora che si pubblicasse a stampa, ma permise che divulgasse per manoscritto, che aveva per que’ tempi un’aria misteriosa e di minaccia. La prima edizione comparve a Venezia con data di Lione nel 1624, un anno dopo la morte di Frà Paolo.

(1609). Ma passarono in Francia molti esemplari a penna, e di colà a Roma; dove appena veduti, il papa se ne accese di sdegno, i Curiali ancor più, l’Inquisizione citò di nuovo Frà Paolo, e a sfogo di stolta vendetta voleva farlo ardere in effigie; ma si oppose l’ambasciatore di Francia: Succedevano rappresaglie a Venezia, e pareva che da piccioli pettegolezzi fosse per riuscirne una rottura peggiore della prima. Un frate negò l’assoluzione ad un patrizio perchè si confessò che aveva letto il libro del Querini: i Dieci lo bandirono, pena la forca se tornava. Il povero frate dovette umiliarsi, supplicare, domandar perdono: fu confinato in un convento. Il nunzio se ne querelò, ma i Dieci per risposta procedettero collo stesso rigore con altri confessori che invece di medicare le colpe spirituali volevano spiare i secreti dello Stato e metter screzio nelle coscienze de’ cittadini. Alcuni preti furono imprigionati per essere complici della fuga dell’arcidiacono; altri per altri motivi: più di 40 abitarono il carcere in men di due anni, e nel 1610 salivano a 100. Prima dell’interdetto se ne contava uno in dieci anni: questi sono i guadagni, diceva il Sarpi, della corte di Roma dopo i moti suscitati da lei. Un prete convinto