Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.2, Zurigo, 1847.djvu/250

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242 capo xxvi.

avere deciso uno de’ più gravi negozi della società, la sua religione. I cattolici, docili agli insegnamenti dei frati, non si curavano gran cosa di sapere come fosse andata la faccenda, persuasissimi che doveva essere andata bene posciachè favoriva tutto quello ch’e’ credevano; ma i protestanti che ne erano stati condannati, e che formavano una minorità imponente nella famiglia europea, erano vogliosissimi di colpire quella sinodo in fallo onde poter mostrare al mondo che non era legittima. Per tradizione si sapevano le opposizioni incontrate da una parte, le brighe fatte dall’altra, le contradizioni dei teologi, i raggiri de’ diplomatici, e gli scandali più d’uno che n’erano derivati; ma erano particolarità incerte, voci vaghe, sfornite di appoggio e dei documenti irrefragabili dell’istoria. La stampa in Germania aveva prodotti alcuni episodi, come gli atti raccolti da Melantone, da Calvino, da Vergerio, da Flacco Illirico, e alcuni anco uscirono coi torchi di Venezia; ma oltrechè gli inquisitori se ne erano tosto impadroniti e fattene scarseggiare le copie, non versavano che sopra fatti isolati, per lo più superficiali, che anco a riunirli tutti insieme erano ben lungi di presentare un pieno racconto di quel famoso avvenimento. Nè meglio soddisfaceva un’istoria del concilio di Trento, di Crabre, pubblicata a Parigi nel 1612.

Fu dunque fra tali ansietà che Marco Antonio de Dominis pubblicava quella Istoria del concilio Tridentino; e la moltitudine delle edizioni fatte nel corso di dieci anni, cioè due in lingua italiana, quattro o cinque in latino, una in francese, una