Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.2, Zurigo, 1847.djvu/306

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298 capo xxviii.

studio di parte, se da un lato ci stomaca colla viltà delle sue adulazioni, ci ributta dall’altro co’ suoi improperi. Non mai nomina Frà Paolo (e il nomina ad ogni pagina) senza caricarlo delle più grossolane igiurie: empio, ateo, ipocrita, uomo senza religione, falsario, bugiardo, impostore calunniatore, apostata, eretico, fautore di eretici sono detti e ridetti e straripetuti le tante migliaia di volte che finiscono a rendere odioso il Pallavicino medesimo, la petulanza di cui arriva al segno di chiamare il più gran genio del suo secolo, uno tra i più profondi teologi, e in pari tempo così modesto e tanto superiore al Pallavicino, di chiamarlo, dico, presontuoso, ignorante in teologia, eccellente in nissuna scienza, e che non ha lasciato neppure una memorabile invenzione del suo genio. Sono le precise sue parole al lib. VII, cap. 7. § 20.

Non voglio perciò dire che l’istoria sarpiana sia immune da errori; ciò accade a tutti gli storici, e molto più doveva accadere a lui che scriveva sopra un argomento misterioso, tuttora vergine e che malgrado la sua industria nel procacciarsi i migliori documenti, e nel certificare la verità dei fatti, non poteva riuscire in ogni cosa; quindi commise varie sviste, cadde in alcuni anacronismi, e alcuni pochi fatti su cui non aveva buone notizie furono da lui o inesattamente esposti o esposti fuori di luogo; ma sono per lo più fatti isolati, indifferenti, e che nulla cangiano il sustanziale de’ racconti o i grandi caratteri dell’istoria. Fu dunque una vera ciarlataneria quel catalogo di 360 errori che il Pallavicino pose in calce della sua Istoria cui pretende avere cavati