Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.2, Zurigo, 1847.djvu/307

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capo xxviii. 299

da quella di Frà Paolo. «Trecento sessanta errori, dice Voltaire; ma quali? Gli rimprovera sbagli di date e di nomi. Egli stesso fu convinto di altrettanti falli quanto il suo avversario, e dove ha ragione non val la fatica di averla. Che importa se una lettera inutile di Leone X fu scritta nel 1516 o nel 1517? Che il nunzio Arcimbaldo che vendette tante indulgenze, fosse figlio di un mercante milanese o genovese? basta il vero che fu mercante d’indulgenze. Ci giova poco che il cardinale Martinusio fosse monaco di San Basilio o eremita di San Paolo; bene interessa di sapere se questo difensore della Transilvania contra i Turchi fu assassinato per comando di Ferdinando I, fratello di Carlo V. Infine Sarpi e Pallavicino dissero entrambi la verità, ma in modo differente: l’uno da uomo libero e difensore di un Senato libero, e l’altro da gesuita che voleva esser cardinale».

Eppure non sempre il gesuita che voleva esser cardinale disse la verità. In primo luogo è da annoverarsi l’ignoranza o malignità di lui che spesse volte fa dire a Frà Paolo tutto il contrario di quello che dice; in secondo luogo, che molti fatti gli nega senza prove o sopra falsi supposti; per terzo, che il Pallavicino istesso, forzato suo malgrado, nega in un luogo quello che confessa poche pagine dopo. In fine Pier Francesco Le Courayer che tradusse in francese e comentò con molta dottrina la Istoria del Sarpi, provò con testimoni irrefragabili che di quei 360 errori affibbiatigli dal Pallavicino, 200 almeno sono errori di esso Pallavicino; per circa al-