Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.2, Zurigo, 1847.djvu/31

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capo xviii. 23


Suppongono già i lettori che in questo negozio egli vi avesse una parte attivissima. Per più di otto mesi di quell’anno 1609 fu egli occupato a scrivere ora a pro del governo, ora a pro dei monaci, a disterrare dagli archivi i documenti, a informare il Senato delle pratiche della giurisprudenza romana, e del modo d’incamminare la causa nel tribunale della Ruota; e poichè le ragioni di quella abazìa secondo il jus canonico, politico e feudale di quel tempo erano molto imbrogliate e soggette a controversia, egli ebbe licenza di consigliarsi anco con giureconsulti francesi, ed è su questo proposito che versano varie sue lettere scritte a Jacopo Leschassier. I molti suoi scritti sulla Vagandizza, comechè sparsi di varia erudizione, sono per l’età presente di scarsa importanza, e fanno increscere che quell’uomo fosse obbligato a consumare il tempo e l’ingegno per oggetti di un interesse locale. Ciò che vi ha di meglio è una relazione istorica sulla origine, i progressi e l’abuso delle commende, dove spicca colla solita brevità quell’ampiezza di cognizioni che in simili materie egli possedeva: inedita ancora, e che pubblicata sarebbe una utile appendice alla sua Storia dei beneficii ecclesiastici, di cui parlerò in appresso.

Il terribile frate, cui le offese avevano inasprito contro la Curia, sperava con questa occasione di vibrare un nuovo colpo agli interessi romani, e mirava a niente meno che a insterilire le fonti sacre da cui i pontefici traevano le immense loro rendite: non erano le indulgenze, non il purgatorio, ma la collazione de’ beneficii ecclesiastici che il Sarpi avreb-