Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.2, Zurigo, 1847.djvu/332

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324 capo xxix.


Era una singolare contradizione che il papa concedesse ai governatori de’ suoi Stati la facoltà di non eseguire i suoi decreti che a loro non piacevano; e pretendesse che i medesimi decreti dovessero avere negli Stati altrui la più ampia osservanza. Ma Frà Paolo citando questi esempi e le leggi ostative di altre nazioni faceva osservare al Senato non essere mai abbastanza l’attenzione per guardarsi dalle orditure macchinate dalla corte romana e suoi nunzi, e consigliò che d’ora in poi gli exequatur ai rescritti di Roma non fossero più dati dai segretari del Senato, ma dal pien Collegio, e fosse incaricato particolarmente il Savio di settimana (presidente del ministero) a nulla lasciar correre senza una particolar diligenza; e se ne’ segretari nascesse qualche facilità, con castigo irremissibile punirli».

Questa misura ne fruttò un’altra non meno importante. Era uso antico in Venezia di sospendere l’esecuzione di quei rescritti che venivano di Roma e che non erano consenzienti coi diritti del principe o l’utilità pubblica; ma sopra ciò non vi era alcun metodo regolare, e la esecuzione o sospensione di tali rescritti, massime di quelli che toccavano interessi di non grave momento, era abbandonata a’ magistrati secolari, od anco ad un segretario come è detto di sopra. Ma il Consultore propose la creazione di un teologo canonista appositamente incaricato di esaminare codesti rescritti. Così stabilita di diritto e di fatto la supremazia della potestà civile sulla ecclesiastica, fu un nuovo freno alle esorbitanze curiali, che per essere stato stretto più duramente nel seguito ricorda sempre