Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.2, Zurigo, 1847.djvu/46

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38 capo xviii.

sognava rivolgersi. Tornò Champigny replicando, saperlo benissimo, ma prima di trattarne in pubblico, volerne udire la sua opinione; che ne parlava da benigno chirurgo, voglioso di guarire quella vecchia piaga dell’interdetto. Alla sciocca proposta rispose il Sarpi con acuto motteggio, velandoci sotto minaccia: «che quando una piaga è incurabile e legata e coperta sì che l’infermo la sente poco, il volerla scoprire, non avendo medicamento sufficiente per guarirla, è un’irritarla e offender l’infermo. Pensasse bene, ed avvertisse che in luogo di far cosa grata al papa, non gli facesse offesa mortale».

Sicuramente che non dovette soddisfar molto questa risposta, ma Paolo V non volendo esperimentarne la conclusione, si decise di metter fine a’ litigi. Contarini era stato richiamato, e fu mandato in sua vece Giovanni Mocenigo amico ai preti, grato alla Corte, e perciò dal Sarpi chiamato papista. Scopo del Mocenigo si era di ottenere la tanto combattuta abazìa della Vagandizza pel figliuolo di un suo amico, e perchè ciò conseguisse, sacrificare nel resto le ragioni e il decoro del suo governo; ma in Venezia vi era chi conosceva i suoi disegni e sapeva attraversargli. Il Sarpi faceva di tutto perchè l’accomodamento seguisse a modo suo, cioè onorevole a Venezia. Dopo proposte varie, il papa si ridusse a questa: il Senato riconoscesse l’abazìa in commenda nel cardinal nipote, e questi pagherebbe all’abate eletto dal Senato una pensione conveniente. Simonia per simonia. Ma il Senato non fu contento, e concordò: restassero vive le ragioni dei monaci