Pagina:Bianchi-Giovini - Biografia di Frà Paolo Sarpi, vol.2, Zurigo, 1847.djvu/53

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capo xix. 45

e rispose al cardinale che le pretese del papa e i suoi consigli non altro valevano che a ruinare quel residuo di cattolicismo che ancora sopravanzava in Inghilterra.

Il re Giacomo I che aveva fama di bell’ingegno e di dotto teologo, (cattivo pregio per un re), seguendo lo spirito controversista del secolo, si credette in debito, trattandosi di un affare di coscienza, di difendersi per un libro latino intitolato: Triplice cuneo per un triplice nodo, ossia, Apologia del giuramento di fedeltà contra i due Brevi di Paolo V e la lettera del cardinal Bellarmino, pubblicato senza nome di autore colla data del 1607. Il Bellarmino, antesignano delle enormità papali, attaccò il libro sotto il consueto suo pseudonimo di Matteo Torti. Il re ne pubblicò allora (nel 1609) una seconda edizione, dichiarandosene l’autore e aggiungendovi un’Ammonizione ai principi cristiani, in cui gl’invitava a mettersi in guardia contra un nemico comune, che l’uno dopo l’altro tutti assaliva, e l’intento di cui era di assoggettarsi i popoli. Questo modo di guerra non soddisfaceva a Frà Paolo, il quale avrebbe desiderato una risposta, come e’ dice, un po’ più regia: «Che infelicità, sclamava, possiede il secolo presente! a me pare un tempo di peste, che ogni male degenera in essa. Così adesso ogni controversia è di religione. Possibile che non vi sia altra occasione di far guerra?» E dicendo che nella commedia è applaudito quello che fa bene la parte sua, si meravigliava che il re potendo difendersi colle armi, quale a re si conveniva, logorasse il tempo a menar la penna cui bisogna lasciare a chi