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capo xix. 49

prima del 1607. Essendo ambo teologi, è assai verisimile che i loro discorsi, specialmente dopo l’interdetto, si aggirassero su materie di erudizione ecclesiastica della quale allora Frà Paolo principalmente si occupava. È credibile ancora che Frà Paolo si facesse tradurre la liturgia anglicana; ma non parmi che dovesse farne tanto le meraviglie, perocchè quella liturgia, tranne che è in lingua inglese, non è in sostanza molto diversa dalla romana. Può essere che ne abbia lodata la semplicità; ma il mettergli in bocca che la voleva far adottare per Venezia, è far poco onore meno alla sua ortodossia che al suo buon senso. Curioso di conoscer tutto, si fece tradurre dal boemo la confessione degli Hussiti, dal tedesco varii libri di protestanti, e s’ha perciò da dire che voleva farli adottare a Venezia? Manco ancora poteva dire il Sarpi che ometteva tale o tal cosa dalla messa: la diceva ogni giorno in presenza de’ frati e del popolo cattolico, e nissuno in tanti anni se ne avvide, e sì che gli teneva gli occhi addosso una razza di esploratori a tutt’altro portata che ad usargli indulgenza. Peggio ancora della confessione. Il Padre Bergantini ha avuto la pazienza di rivoltare i registri patriarcali dove stanno le licenze de’ confessori, e non vi trovò mai quella di Frà Paolo; il quale infatti non esercitò quel ministero se non se ne’ primi anni del suo sacerdozio. Pochi eziandio vorranno persuadersi che a uomo così occupato avanzasse tempo per insegnare altrui la lingua italiana, ch’egli stesso aveva studiato più colla lettura che colla grammatica. E nemmeno saprei dire a qual uso servir dovesse quella


Vita di F. Paolo T. II. 4