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VII.


Carissimo Padre

Rispondo alla vostra del 20 corrente. Non vi dissimulo, che mi travaglia non poco il pensiero intorno allo stato di salute di mia Madre. Cotesta oscillazione continua tra il bene e il male mi dà da temere. Non vorrei che fosse una malattia organica. Che ne dice il Medico? Comprendo, che l’arte è assai limitata, specialmente quando si tratta di veder dentro dove ci si vede poco o punto. Vorrei sapere almeno, se il Medico è riuscito a definire il carattere vero e reale della infermità; ditemi le cose come stanno, senza velarle menomamente, perchè il mio spirito si adatta meglio ad una trista verità, che agli ondeggiamenti di una incerta speranza.

In quanto alla mia liberazione lasciamo fare a chi spetta. Una qualche volta dovrà seguire. Non posso ragionevolmente argomentare, se questo termine sia lontano o vicino, perchè sono al buio di tutto; ma penso che ora si corre per i tre mesi, che noi siamo messi al sicuro; penso che, per quanto il termine sia lontano, ogni giorno ne passa uno, e, volere o non volere, sempre più ci avviciniamo al fine. Io bramerei uscirne più per gli altri della mia famiglia, che per me. Io per me sono quasi indifferente; mi son gettato a gatta morta sugli avvenimenti, e vado dove il flutto mi porta; volete, ch’io lotti contro il destino? – non ho nè voglia, nè forza per farlo: il destino è Dio, e l’uomo è un pugno di polvere.

Mi dite ch’io vi scriva più spesso. Io vi scriverei