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ciampi cav. ignazio |
di chi ha vinto, ciò non monta, chè anzi il più spesso avviene che il nemico audace prenda per sè la parto migliore nel bottino di sua sconfitta, e si presenti reciso con il dire: «ciò voglio e tengo perchè oggi mi unisco al vincitore.» E gli amici si trovano di sovente a serenare la notte, dopo che la casa propria hanno perduta sperando riaverla migliore nella patria una e libera.
Il commento fa al caso, e ci trarrebbe a lavorar di forbice: lasciamo quindi anche il panno della politica, e riparliamo solo dell’uomo Ignazio Ciampi.
Vestì la toga nel Tribunale della Rota di dove uscì avvocato nel 1855, e volendo esercitare anche nella parte penale, mentre i civilisti del tempo vi si sdegnavano, dedicossi con impegno sommo in difese, dove all’intelletto richiedevasi molto cuore, e fra queste trattò quella per la sommossa di Trastevere e per il seguito eccidio in casa Aiani, causa che se fu prima per la importanza, fu seconda nel suo esercizio, perchè di altra sommossa trasteverina egli aveva gl’imputati difesi ed in parte salvati. — Le difficili cure del foro divise con i più cari lavori della penna, e poetò e scrisse commedie e racconti, e le vite di vecchi uomini commentò, e così isfuggendo la politica, nè per quanto avveniva molto interessandosi, giunse tranquillo al settembre 1870.
L’aver esso avuta parte in parecchi processi politici, fu ragione perchè dal nuovo governo ricevesse l’incarico di rivedere le buccie a quelli che si erano fatti dal governo pontificio specialmente negli ultimi tempi. — L’incarico poteva essere bene affidato per la intelligenza e la integrità di carattere nel Ciampi, ma quale campo spinoso non gli si dava mai a districare? — La è storia in tutti i governi che ne’ Tribunali la passione politica spesso predomini sulla vera giustizia, senza osservare poi la giustizia stessa essere parola, e molte volte senza correlativo. Raro avviene che chi signoreggia non abbia ragione in Tribunale, e che giudici, per quanto si vantino integerrimi ed indipendenti, dacchè il dirlo costa poco, non subiscano l’influsso generale della forma di governo predominante. La giustizia vera è dunque un accidente, che ove così non fosse, non si vedrebbe un Tribunale dar contro alla sentenza dell’altro, e chiamarsi sempre giusto ciò che l’ultimo ha sentenziato; e quando il governo cambia, quei giudici stesssi giudicare per intimo e retto ed indipendente convincimento, reità ciò che sotto il governo, che ebbero appena cessato di servire, giudicavano devozione e buon rispettò alla sacra legge, e per contrario plaudire alle manifestazioni verso il nuovo regime, mentre poco tempo innanzi le aveano condannate. — E solo chi si desse briga di porre a fianco dei nomi dei giudici ciò che molti fra essi sentenziarono allorchè stavano al soldo del Pontefice, dell’Austria, del Borbone, severemente condannando in nome della giustizia e per la propria intemerata coscienza, chi avesse fatto un viva all’Italia e per la sua unificazione cospirato, con ciò che in oggi sentenziano contro chi fa voti per qualcuno dei caduti sovrani, vi sarebbe materia di che lungamente ridere, se a paro con il riso non sorgesse amara la domanda, dove sia la giustizia, quale sentenziamento per coscienza sia attendibile, e se nello giudicare