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E noi che abbiamo sempre in bocca il nostro cielo ed il nostro sole, che cosa facciamo?
Per un fanatico empirismo, che costituisce la negazione del razionale scientifico nell’agricoltura, teniamo in fertili ed ubertosi terreni le viti camuffate sotto un ombrello arboreo, a dispetto anche del Divino Poeta, che ci lasciò questi mirabilissimi versi:
E ciò lo facciamo con alberi simmetricamente disposti in terreni destinati alla coltivazione dei cereali, i quali sentono gli effetti di ciò che viene usurpato a lor danno dall’intrusa pianta, sia sulla forza vegetativa del suolo, sia sull’avvivatrice potenza dei raggi solari, senza contare non pochi danni che inevitabilmente quelle coltivazioni ricevono dalla stessa mano degli agricoltori, i quali nell’accedere alle viti non possono dispensarsi dal manomettere il campo ove sono coltivati i cereali.
Inoltre, coll’accoppiamento della vite ad un’altra pianta, noi mescoliamo le radici e confondiamo i rami di due piante diverse, con ispecial nocumento della prima, a cui vien meno l’alimento, la luce ed il sole, mezzi efficaci alla sua prosperità.
Che se attenendoci, non alla moda, come molti credono, ma agli ammaestramenti dei nostri antichi padri, ci porteremo in colline, ove quasi ovunque, ma specialmente in quelle del Sub-Appennino dell’Italia Centrale, costituite da terreni terziari emersi, vi predomina il principio calcare-argilloso-marnoso più o meno sparso di sassi, o ciottoli, potremo avere squisitissimi vini.