Pagina:Boccaccio, Giovanni – Opere latine minori, 1924 – BEIC 1767789.djvu/359

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nota 353

nale di Parigi segnato nouv. acq. lat. 1745, ch’è una specie di formulario cancelleresco della fine del Trecento. Vi reca (c. iv r) il titolo Brevis epistola missa domino Iohanni Bochacio de Certalto: quel «domino» non si deve prendere per un dativo ma integrare con la prep. del complemento d’agente in «a domino», ciò ch’è lecitamente ammissibile in sé, per la corruzione fantastica del testo, e si può poi mostrare probabile sino a rasentar la certezza, con argomentazioni di carattere stilistico e col rilievo che lo scrivente dichiara egli stesso di chiamarsi Giovanni.

Gli emendamenti apportati sono i seguenti: causa 2156, suppl.; obsitam ivi8, ms. obsistam; iniungit ivi, ms. iungit; et ivi9, suppl.; qui ivi11, suppl.; scripte ivi15, ms. septem (!), dove se- proviene dalla falsa lettura del compendio di scri-; aperte ivi17, ms. apte, dimenticato di segnare o di interpretare il compendio di per; ut ivi18, suppl.; aperiendi ivi, ms. operiendi; Legant ivi19, ms. ligant; Sciant ivi, ms. reca l’abbreviazione paleografica corrispondente a sicut; esset ivi20, ms. essent; legeris ivi22, ms. legere (si potrebbe anche conservare l’infinito ammettendo che sia caduto «debes»); aliena ivi, ms. alienam; eger ivi24, ms. egere; alius ivi, ms. aliam; pervicaciam ivi23, ms. pernicantiam. Non v’è traccia della lacuna dopo vobiscum ivi19, benché il contesto la denunzi chiaramente; quanto alla chiusa del frammento, il ms. si ferma a quel valde defraudandoci del resto1.

La data di queste poche righe non è precisabile, ma lo scrittore si rappresenta come malato e vecchio.

XXIII. — Fu la prima a vedere la luce tra le epistole conservatesi in veste latina: infatti il frate agostiniano D. A. Gandolfi la stampò nel 1704 sopra una copia tratta in suo servizio dal Laur.



    assegnata dal primo alle sette epistole (p. 202 sg.) è quella stessa seguita qui, eccetto che per le due XX e XXI, che vanno ritardate di un anno, come fu osservato da me (Giorn. stor., LXI, p. 362, n. 3) e dall’Hauvette (op. cit., p. 449, n. 1). Per compiere la storia di queste discussioni cronologiche, ricorderò che l’ep. XIX fu voluta trasportare dallo Hecker all’autunno del 1371, ciò che imporrebbe un’arbitraria modificazione della data «nonis aprilis» (op. cit., p. 134, n. 2); e che il Mascetta-Caracci con eccessiva disinvoltura critica non trovò ostacolo a crederla del 1368 (cfr. Dante e il ‛Dedalo’ cit., p. 499, n. 2).

  1. Per l’ortografia ho raddoppiato la r a aborentes 2156 e occurente ivi15, dato l’h alla prima di queste due voci e toltola a henim ivi21, scritto conforme all’uso tardivo del Nostro iuditio ivi12, nuptio ivi21 (per numptio) e remictant ivi17. Tipica nell’amanuense la trascuranza del segno di compendio della nasale: continebat, tuc, reassupsi ecc.
G. Boccaccio, Opere latine minori. 23