Pagina:Boccaccio, Giovanni – Elegia di Madonna Fiammetta, 1939 – BEIC 1766425.djvu/100

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94 l'elegia di madonna fiammetta


Quale lingua sí d’eloquenza splendida, o sí di vocaboli eccellenti facunda sarebbe quella che interamente potesse li nobili abiti e di varietá pieni interamente narrare? Non il greco Omero, non il latino Virgilio, li quali tanti riti di Greci, di Troiani e d’italici giá ne’ loro versi descrissero. Lievemente adunque, a comparazione del vero, m’ingegnerò di farne alcuna particella a quelle che non gli hanno veduti palese. E ciò non fia nella presente materia dimostrato invano; anzi si potrá per le savie comprendere la mia tristizia essere oltre a quella d’ogni altra donna preterita o presente continua, poi la dignitá di tante e si eccelse cose vedute non l’hanno potuta intrarompere con alcuno lieto mezzo. Dico, adunque, al proposito ritornando, che li nostri principi sopra cavalli tanto nel correre veloci, che non che gli altri animali, ma li venti medesimi, quantunque piú si crede festino, di dietro correndo si lascerieno, vengono, la cui giovanetta etá, la speziosa bellezza, e la virtú espettabile d’essi, graziosi li rende oltre modo a’ riguardanti. Essi di porpora o di drappi dalle indiane mani tessuti con lavori di colori varii e d’oro intermisti, e oltre a ciò soprapposti di perle, e di care pietre vestiti, e i cavalli coverti, appariscono; de’ quali i biondi crini penduli sopra li candidissimi omeri, da sottiletto cerchiello d’oro, o da ghirlandetta di fronda novella sono sopra la testa ristretti; quindi la sinistra un leggerissimo scudo, e la destra mano arma una lancia, e al suono delle tostáne trombe l’uno appresso l’altro, e seguiti da molti, tutti in cotale abito cominciano davanti alle donne il giuoco loro, colui lodando piú in esso, il quale con la lancia piú vicino alla terra con la sua punta, e meglio chiuso sotto lo scudo, senza muoversi sconciamente, dimora correndo sopra il cavallo.

A queste cosí fatte feste, e piacevoli giuochi, come io solea, ancora, misera, sono chiamata; il che senza grandissima noia di me non avviene, perciò che, queste cose mirando, mi torna a mente d’avere giá, intra li nostri piú antichi e per etá reverendi cavalieri, veduto sedere il mio Panfilo a riguardare, la cui sufficienza alla sua etá giovinetta impetrava