Pagina:Boccaccio, Giovanni – Elegia di Madonna Fiammetta, 1939 – BEIC 1766425.djvu/118

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112 l'elegia di madonna fiammetta


Ove sono ora li pietosi occhi co’ quali a tua posta, misero, lagrimavi? Ove è ora l’amore a me mostrato? Ove le dolci parole? Ove li gravi affanni ne’ miei servigi profferti? Sono essi del tutto della tua memoria usciti? O haigli nuovamente adoperati ad irretire la presa donna?

«Ahi maledetta sia la mia pietá, la quale quella vita da morte prosciolse, che di sé faccendo lieta altra donna, la mia dovea recare a morte oscura! Ora gli occhi, che nella mia presenza piagnevano, davanti alla nuova donna ridono, e il mutato cuore ha ad essa rivolte le dolci parole e le profferte. Oimè! dove sono ora, o Panfilo, gli spergiurati iddii? Dove la promessa fede? Dove le infinte lagrime, delle quali gran parte miseramente bevvi, pietose credendole, ed esse erano piene del tuo inganno? Tutte queste cose nel seno della nuova donna rimesse, con teco insieme m’hai tolte.

«Oimè! quanto mi fu giá grave udendo te per giunonica legge dato ad altra donna! Ma sentendo che li patti da te a me donati non erano da preporre a quelli, posto che faticosamente il portassi, pur vinta dal giusto colore, con meno angoscia il sostenea. Ma ora, sentendo che per quelle medesime leggi, per le quali tu a me se’ stretto, tu ti sii, a me togliendoti, dato ad altra donna, m’è importabile supplicio a sostenere. Ora le tue dimoranze conosco, e similmente la mia semplicitá, con la quale sempre te dovere tornare ho creduto, se tu avessi potuto. Oimè! ora abbisognavanti, o Panfilo, tante arti ad ingannarmi? Perché li giuramenti grandissimi e la fede interissima cosí mi porgevi, se d’ingannarmi per cotal modo intendevi? Perché non ti partivi tu senza commiato cercare, o senza promessa alcuna di ritornare? Io, come tu sai, fermissimamente t’amava, ma io non t’aveva perciò in prigione, che tu a tua posta senza le infinte lagrime non ti fossi potuto partire. Se tu cosí avessi fatto, io mi sarei senza dubbio di te disperata, subitamente conoscendo il tuo inganno, e ora, o morte o dimenticanza averebbe finiti li miei tormenti, li quali tu, acciò che fossero piú lunghi, vana speranza donandomi, nutricare li volesti; ma questo non aveva io meritato.