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6 | l'elegia di madonna fiammetta |
miserabile dono a chi virtuosamente di vivere disidera, piú
miei coetanei giovanetti, e altri nobili accese di fuoco amoroso.
E me con atti diversi, male allora da me conosciuti,
volte infinite tentarono di quello accendere di che essi ardevano,
e che me dovea piú che altra non riscaldare, anzi
ardere nel futuro; e da molti ancora con istantissima sollecitudine
in matrimonio fui addomandata; ma poi che de’ molti
uno, a me per ogni cosa dicevole, m’ebbe, quasi fuori di
speranza cessò la infestante turba degli amanti da sollecitarmi
con gli atti suoi. Io, adunque, debitamente contenta di tale
marito, felicissima dimorai infino a tanto che il furioso amore,
con fuoco non mai sentito, non entrò nella giovane mente.
Oimè! che niuna cosa fu mai che il mio disio o d’alcuna altra
donna dovesse chetare, che prestamente a mia satisfazione
non venisse. Io era unico bene e felicitá singulare del giovane
sposo, e cosí egli da me era egualmente amato, come egli
mi amava. Oh quanto piú che altra mi potrei io dire felice, se
sempre in me fosse durato cotale amore!
Vivendo adunque contenta, e in festa continua dimorando, la fortuna, sùbita volvitrice delle cose mondane, invidiosa de’ beni medesimi che essa avea prestati, volendo ritrarre la mano, né sappiendo da qual parte mettere li suoi veleni, con sottile argomento a’ miei occhi medesimi fece all’avversitá trovare via, e certo niuna altra che quella onde entrò v’era al presente. Ma gl’iddii, a me favorevoli ancora e a’ miei fatti di me piú solleciti, sentendo le occulte insidie di costei, vollero, se io prendere l’avessi sapute, armi porgere al petto mio, acciò che disarmata non venissi alla battaglia nella quale io dovea cadere; e con aperta visione ne’ miei sonni, la notte precedente al giorno il quale a’ miei danni dovea dare principio, mi chiarirono delle future cose in cotale guisa.
A me, nello ampissimo letto dimorante con tutti li membri risoluti nell’alto sonno, pareva, in un giorno bellissimo e piú chiaro che alcuno altro, essere, non so di che, piú lieta che mai; e con questa letizia, a me, sola fra verdi erbette, era avviso sedere in un prato dal cielo difeso e da’ suoi lumi