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capitolo vi | 121 |
al tuo lacerato corpo sia dato o fuoco o sepoltura, ma, diviso e sbranato, sazii gli agognanti cani, li quali io priego
che, poi che consumate avranno le molli polpe, delle tue
ossa commettano asprissime zuffe, acciò che, rapinosamente
rodendole, te di rapina dilettata in vita dimostrino. Niuno
giorno, niuna notte, niuna ora sará la mia bocca senza esser
piena delle tue maladizioni, né a questo mai si porrá fine:
prima si tufferá la celestiale Orsa10 in Oceano, e la rapace
onda della ciciliana Cariddi12 stará ferma, e taceranno li cani
di Silla11, e nell’Ionio mare surgeranno le mature biade, e
l’oscura notte dará nelle tenebre luce, e l’acqua con le fiamme,
e la morte con la vita, e il mare co’ venti saranno concordi
con somma fede; anzi, mentre che Gange durerá tiepido e
l’Istro freddo, e li monti porteranno le quercie, e li campi
li morbidi paschi, con teco avrò battaglie. Né finirá la morte
questa ira, anzi tra li morti spiriti seguitandoti, con quelle
ingiurie che di lá s’adoperano m’ingegnerò di noiarti. E se
tu forse a me sopravvivi, quale che si sia della mia morte
il modo, dovunque il misero spirito se n’andrá, di quindi a
forza m’ingegnerò di scioglierlo, e in te entrando, furiosa ti
farò divenire non altramente che siano le vergini dopo il ricevuto Apollo; o venendo nel tuo cospetto, vegghiando orribile mi vedrai, e ne’ sonni spaventevole sovente ti desterò
nelle tacite notti; e, brievemente, ciò che tu farai, continuamente volerò dinanzi agli occhi tuoi, e lamentandomi di questa ingiuria, te in niuna parte lascerò quieta; e cosí, mentre
viverai, da cotal furia, me operante, sarai stimolata, e, morta,
poi di peggiori cose ti sarò cagione.
«Oimè misera! in che si stendono le mie parole? Io ti minaccio, e tu mi nuoci, e il mio amante tenendoti, quello delle minacciate offese ti curi che gli altissimi re de’ meno possenti uomini. Oimè! ora fosse a me lo ’ngegno di Dedalo13, o li carri di Medea14, acciò che per quello aggiugnendo ali alle mie spalle, o per l’aere portata, subitamente dove tu gli amorosi furti nascondi mi ritrovassi! Oh quante e quali parole al falso giovane e a te rubatrice degli altrui beni direi