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capitolo vi | 127 |
mutarono in allegrezza. Dunque piú pazientemente le tue pene
sostieni, poiché meritamente d’altrui che di te non t’hai a
dolere, e a quelle truovansi molti modi a lasciarle, quando vorrai, considerando ancora che giá ne furono sostenute per altre
delle sí gravi, e trapassate. Che dirai tu di Deianira23 essere
abbandonata per Iole da Ercule, e Filis24 da Demofonte, e Penelope5 da Ulisse per Circe? Tutte queste furono piú gravi
che le tue pene, in quanto cosí o piú era fervente l’amore,
e se si considera il modo e gli uomini piú notabili e le donne; e pure si sostennero. Dunque, a queste cose non se’ sola né
prima, e quelle alle quali l’uomo ha compagnia, appena possono essere importabili o gravi, come tu le dimostri. E però
rallégrati e le vane sollecitudini caccia, e del tuo marito dubita; al quale forse se questo pervenisse agli orecchi, posto, come
tu di’, che nulla piú oltre te ne potesse per pena dare che
la morte, quella medesima, con ciò sia cosa che piú che una
volta non si muoia, si dée, quando l’uomo può, pigliare la
migliore. Pensa, se quella come adirata la dimandi ti seguisse,
di questo di quanta infamia ed eterna vergogna rimarrebbe la
tua memoria fregiata. Egli si vogliono le cose del mondo
cosí apparare ad usare come mobili; e per innanzi né tu né
niuno in esse molto si confidi se vengono prospere, né nell’avverse prostrato delle migliori si disperi. Cloto25 mescola queste cose con quelle, e vieta che la fortuna sia stabile, e ciascuno fatto rivolge; niuno ebbe mai gl’iddíi sí favorevoli che
nel futuro li potesse obbligare; Iddio le nostre cose, da’ peccati incitato, con turbazione rovescia; la fortuna similmente
teme li forti, e avvilisce li timidi.
Ora è tempo da provare se in te ha luogo niuna virtú, avvegna che a quella in niuno tempo si possa tôrre luogo, ma le prosperitá la ricuoprono assai spesso. La speranza ancora ha questa maniera, che ella nelle cose afflitte non mostra alcuna via: e però chi in niuna cosa puote sperare, di nulla si disperi. Noi siamo agitati da’ fati; e credimi che non di leggieri si possono con sollecitudine mutare le cose apparecchiate da loro. Ciò che noi generazione mortale facciamo e sosteniamo,