Pagina:Boccaccio, Giovanni – Elegia di Madonna Fiammetta, 1939 – BEIC 1766425.djvu/233

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nota 227


gessi, cosí con fede...». Messer Tizzone non rimase persuaso di quel parlava che secondo lui doveva essere riferito a Panfilo, e rimaneggiò secondo la sua interpretazione.

Altre volte gli capita di rimaneggiare piú infelicemente. Per esempio, a pag. 52 della nostra edizione, il passo «... tanto era piú il mio disio ardente che tosto le quattro volte si consumassero, che veloce il corso suo», parve oscuro al nuovo editore, e fu cosí modificato: «...tanto era il mio disio piú ardente, quanto piú tosto le quattro volte del suo veloce corso voluto avrei che consumate fossero». E potremmo ancora continuare con esempi simili, ma ci preme di piú fermarci alle interpolazioni vere e proprie, che sono due: una è di poche parole, ma cosí ben trovata che può lasciare perplessi. A pag. 81 della nostra edizione si legge: «...per che indietro trattami, sopra gli stesi tappeti con alcune altre mi ponea a sedere»; nell’edizione di messer Tizzone: «... per che indietro trattami sopra i distesi tappeti, e tra me dicendo: — Ove sei, o Panfilo? — con alcune...». L’interpolazione, e non c’è dubbio che sia tale, è intonata al contesto: basta leggere nella pagina precedente: «...cosi mi ricorreva alla bocca: — O Panfilo, ora fossi tu qui a vedere, come giá fosti! — ...». Ma messer Tizzone s’era provato a ben altro nel capitolo terzo, pag. 47 della nostra edizione. Al passo «... lascio questo andare, intrando in altri», messer Tizzone aggiunge: «varii e nuovi pensieri. Io dolorosa stava sola, e pur di lui del tutto pensosa dimorava, e or qua e or lá per la camera mi voltava, e alcuna fiata fra me stessa diceva, dandomi con la mano sotto ’l capo appoggiata al mio letto: — Ora giugnesse qui il mio Panfilo! — E cosí stando, in questi e in altri pensieri entrava». Non c’è che dire: l’episodietto è inventato bene, ma la saldatura lascia un po’ a desiderare perché a distanza di poche righe c’è una ripetizione inutile. La concorde lezione dei manoscritti e delle stampe precedenti non ammette discussione. E si badi che messer Tizzone nella lettera di dedica non accenna a manoscritti, e che la collazione da me fatta fra il testo della sua edizione e quello delle edizioni precedenti, non mi ha offerto nessun elemento positivo per dedurre che l’editore ne avesse presente qualcuno1.

  1. Un altro passo che merita di essere segnalato è quello che nella nostra edizione, a pag. 110, si legge: «Per che quindi, come piú acconciamente potei,