Pagina:Boccaccio, Giovanni – Elegia di Madonna Fiammetta, 1939 – BEIC 1766425.djvu/82

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76 l'elegia di madonna fiammetta


«Deh, vieni, vieni, che ’l cor ti chiama: non lasciar perire la mia giovinezza presta a’ tuoi piaceri. Oimè! ch’io non so con che freno io temperassi la mia letizia, se tu tornassi, in modo che a tutti manifesta non fosse; perché io, e meritamente, dubito che ’l nostro amore, lungamente e con grandissimo senno e sofferenza celato, non si scoprisse a ciascuno. Ma ora pur venissi tu a vedere, se cosí ne’ prosperi casi come negli avversi l’ingegnose bugie avessero luogo! Oimè! or fossi tu giá venuto, e se meglio non potesse essere, sapesselo chi volesse, ché a tutto mi crederei dare riparo».

E questo detto, quasi come se egli le mie parole avesse intese, subito mi levava e correva alla finestra, me nell’estimazione ingannando d’udire quello che io udito non avea, cioè che egli la nostra porta toccasse, come era usato. Oh quante volte, se i solleciti amanti avessero saputo questo, forse sarei stata potuta ingannare, se alcuno malizioso sé Panfilo avesse finto a cotali punti! Ma poi che la finestra aperta aveva, e riguardata la porta, gli occhi del conosciuto inganno mi faceano piú certa; e cotale la vana letizia in me con turbazione súbita si volgeva, quale, poi che il forte albero rotto da’ potenti venti con le vele ravviluppate in mare a forza da quelli è trasportato, la tempestosa onda cuopre senza contrasto il legno periclitante. E nel modo usato alle lagrime ritornando, miseramente piango, e sforzandomi poi di dare alla mente riposo, con gli occhi chiusi allettando gli umidi sonni, tra me medesima in cotal guisa gli chiamo:

«O Sonno, piacevolissima quiete di tutte le cose, e degli animi vera pace, il quale ogni cura fugge come nemico, vieni a me, e le mie sollecitudini alquanto col tuo operare caccia del petto mio. O tu, che i corpi ne’ duri affanni gravati diletti, e ripari le nuove fatiche, come non vieni? Deh, tu dái ora a ciascun altro riposo: donalo a me, piú che altra di ciò bisognosa. Fuggi degli occhi alle liete giovani, le quali ora tenendo i loro amanti in braccio nelle palestre di Venere esercitandosi, te rifiutano e odiano, ed entra negli occhi miei, che sola e abbandonata, e vinta dalle lagrime e da’