Pagina:Boccaccio, Giovanni – Elegia di Madonna Fiammetta, 1939 – BEIC 1766425.djvu/87

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capitolo v 81


avendo con meno noia sostenuto il riguardare e l’operare, per tale ricordarmi quasi vinta nel nascoso dolore, ogni cosa lasciava stare. Oh, quante volte e’ mi ricorda che in tale accidente giá l’arco mi cadde e le saette di mano, nel quale, né in reti distendere o in lasciare cani, niuna che Diana seguisse fu piú di me ammaestrata giammai. E non una volta, ma molte, nel piú spesso uccellare qualunque uccello si fu a ciò convenevole, quasi essendo io a me medesima uscita di mente, non lasciandolo io, si levò volando dalle mie mani; di che io, giá in ciò studiosissima, quasi niente curava. Ma poi che ciascuna valle e ogni monte, e li spaziosi piani erano da noi ricercati, di preda carichi i miei compagni e io a casa ne tornavamo, la quale lieta per molte feste e varie trovavamo le piú volte.

Noi alcuna volta sotto gli altissimi scogli sopra il mare estendentisi e facienti ombra graziosissima, sulle arene poste le mense con compagnia di donne e di giovani grandissima mangiavamo. Né prima eravamo da quelle levate, che sonantisi diversi strumenti, i giovani varie danze incominciavano, nelle quali me medesima, quasi sforzata, alcuna volta convenne pigliare; ma in esse, sí per l’animo non a quelle conforme, e sí per lo corpo debole, per piccolo spazio durava; per che indietro trattami, sopra gli stesi tappeti con alcune altre mi ponea a sedere. Quivi ad un’ora i suoni ascoltando entranti con dolci note nell’animo mio, e a Panfilo pensando, discorde, festa con noia comprendo; perciò che i piacevoli suoni ascoltando, in me ogni tramortito spiritello d’amore fanno risuscitare, e nella mente tornare i lieti tempi, ne’ quali io al suono di quelli variamente con arte non picciola, in presenza del mio Panfilo laudevolmente soleva operare, ma quivi Panfilo non vedendo, volentieri, con tristi sospiri, pianti l’averei dolentissima, se convenevole mi fasse paruto. E oltre a ciò, questo medesimo le varie canzoni quivi da molte cantate mi solevano fare; delle quali se forse alcuna n’era conforme alli miei mali, l’ascoltava intentissima, di saperla disiderando, acciò che poi fra me ridicendola, con piú ordinato