Pagina:Boccaccio, Giovanni – Il comento alla Divina Commedia e gli altri scritti intorno a Dante, Vol. I, 1918 – BEIC 1758493.djvu/211

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mosso da pusillanimitá mostra di temere di mettersi nel cammino, il quale Virgilio nella fine del primo canto disse di dovergli mostrare; e dice: «Io cominciai», a dire: — «Poeta», Virgilio, «che mi guidi, Guarda», cioè esamina, «la mia virtú», cioè la mia forza, «s’ella è possente», a sostener tanto affanno, quanto nel lungo cammino e malagevole, per lo quale tu di’ di volermi menare, fía di necessitá di sofferire; e fa’questo, «Prima che all’alto passo», cioè d’entrare in inferno, «tu mi fidi», tu mi commetta. Quasi voglia dire: — Io vorrei per avventura ad ora tornare indietro ch’io non potrei. — «Tu dici». Qui vuole l’autore levar via una risposta, la qual Virgilio, si come egli avvisava, gli avrebbe potuta fare, cioè di dire: — Non può’ tu venire, o non credi poter, lá dove andò Enea e ancora lá dove andò san Paolo? — E comincia: «Tu dici», nel sesto libro del tuo Eneida, «che di Silvio lo parente», cioè padre.

Ebbe Enea due figliuoli, de’ quali fu l’uno chiamato Iulio Ascanio, e questo ebbe di Creusa, figliuola di Priamo re di Troia; e l’altro ebbe nome Iulio Silvio Postumo, il quale Lavinia, figliuola del re Latino, essendo rimasa gravida d’ Enea, partorí dopo la morte d’Enea in una selva. Per la qual cosa ella il cognominò Silvio; e Postumo fu chiamato, percioché dopo la umazione del padre, cioè poi che ’l padre fu messo sotterra, era nato: e cosí si chiamano tutti quelli che dopo la morte de’ padri loro nascono. «Corruttibile ancora», cioè ancora vivo (percioché chiunque nella presente vita vive è corruttibile, cioè atto a corruzione), «ad immortale», cioè eterno, «secolo», cioè mondo. «Secolo», secondo il suo proprio significato, è uno spazio di tempo di cento anni, secondo il romano uso: ma in questa parte non lo ’ntende l’autore per ispazio di tempo, ma, seguendo l’uso del parlare fiorentino, nel quale, volendo dire «in questo mondo», spesso si dice «in questo secolo», rivolgendo il nome del tempo in nome del luogo dove il tempo s’usa, cioè nel mondo, chiama «secolo» l’altro mondo, cioè lo ’nferno, il quale noi similmente assai spesso chiamiamo «l’altro mondo», il che