Pagina:Boccaccio, Giovanni – Il comento alla Divina Commedia e gli altri scritti intorno a Dante, Vol. I, 1918 – BEIC 1758493.djvu/218

Da Wikisource.

pensando»; mostra la cagione perché divenuto era tale, quale è colui il quale disvuole ciò ch’e’ volle, e dice che, pensando non fosse il suo andare pericoloso, «consumai», cioè finii, «l’impresa», che fatta avea.di seguir Virgilio, «Che fu, nel cominciar, cotanto tosta», cioè súbita, in quanto senza troppo pensare aveva risposto a Virgilio, come nel canto precedente appare, pregandolo che il menasse. [Lez. VIII] — «Se io ho ben la tua parola intesa». — In questa quarta parte del presente canto, dimostra l’autore qual fosse la risposta fattagli da Virgilio: nella qual discrive come e da cui e perché e donde Virgilio fosse mosso a dover venire allo scampo suo. Dice adunque: «Rispuose», a me, «del magnanimo quell’ombra», cioè quell’anima di Virgilio, il quale cognomina «magnanimo», e meritamente, percioché, si come Aristotile nel quarto della sua Etica dimostra, colui è da dire «magnanimo», il quale si fa degno d’imprendere e d’adoperare le gran cose. La qual cosa maravigliosamente bene fece Virgilio in quello esercizio, il quale alla sua facultá s’apparteneva: percioché primieramente, con lungo studio e con vigilanza, si fece degno di dover potere sicuramente ogni alta materia imprendere, per dovere d’essa in sublime stilo trattare; e, fattosene col bene adoperare degno, non dubitò d’imprenderla e di proseguirla e recarla a perfezione. E ciò si fu di cantare d’ Enea e delle sue magnifiche opere, in onore d’Oltaviano Cesare: le quali in si fatto e si eccelso stilo ne discrisse, che né prima era stato, né fu poi alcun latino poeta che v’aggiugnesse. — «Se io ho ben la tua parola intesa», cioè il tuo ragionare, il quale veramente aveva bene inteso, «L’anima tua è da viltate offesa», cioè occupata da tiepidezza e da pusillanimitá, la quale non che le maggiori cose, ma eziando quelle che a colui, nel quale ella si pon, si convengono, non ardisce d’imprendere. «La qual», viltá, «molte fiate l’uomo ingombra», cioè impedisce, «Si che d’onrata impresa» [poi fatta] «1 ’arivolve», [dal]la sua misera e tiepida oppinione, «Come», ingombra, «falso veder», parendo una cosa per un’altra vedere (il che addiviene per ricevere troppo tosto nella virtú fantastica alcuna forma, nella immaginativa subitamente venuta), «bestia